ISC DHCP: differenze tra le versioni

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A questo punto, far partire (o ripartire) il demone isc-dhcp-server per attivare la configurazione:
A questo punto, far partire (o ripartire) il demone isc-dhcp-server per attivare la configurazione:
<pre># systemctl start isc-dhcp-server</pre>
<pre># systemctl start isc-dhcp-server</pre>
=== Aggiornamento dinamico DNS ===
Giunti  fin qui, rimangono da configurare gli aggiornamenti dinamici del server  DNS. In questo caso, come già esposto, sarà il server DHCP ad  aggiornare dinamicamente il server DNS, al quale dovremo dire che sono  consentiti gli aggiornamenti dinamici solamente da parte degli host  coinvolti nel processo. In questo caso, ipotizzando che DNS e DHCP siano  sulla stessa macchina, abiliteremo solamente localhost  all'aggiornamento dinamico del server DNS, e come ulteriore misura di  sicurezza, specificheremo che l'aggiornamento delle zone coinvolte  avverrà solamente utilizzando una chiave segreta che viene creata  automaticamente all'installazione di Bind ed il cui nome file è  /etc/bind/rndc.key. Il primo passaggio consiste nel modificare il file  <code>/etc/bind/named.conf.local</code> per indicare che il  server DNS accetta aggiornamenti dinamici solamente da localhost  utilizzando la chiave segreta:
<pre>
include "/etc/bind/rndc.key";
controls {
        inet 127.0.0.1 allow {localhost; } keys { "rndc-key"; };
};
</pre>
Un'ulteriore  modifica da fare al file  <code>/etc/bind/named.conf.local</code> è relativa alle zone  create in precedenza, poiché anche in esse è necessario indicare che è  possibile l'aggiornamento solamente tramite l'utilizzo della chiave  segreta:
<pre>
zone "test.lan" {
        type master;
        file "/etc/bind/db.test";
        allow-update { key rndc-key; };
};
zone "1.168.192.in-addr.arpa" {
        type master;
        file "/etc/bind/db.192.168.1";
        allow-update { key rndc-key; };
};
</pre>
Il file completo, dopo l'aggiunta delle ACL per la gestione del traffico interno e esterno, dovrebbe avere questo contenuto:
<pre>
acl internals {
    127.0.0.0/8;
    192.168.1.0/24;
};
include "/etc/bind/rndc.key";
controls {
        inet 127.0.0.1 allow {localhost; } keys { "rndc-key"; };
};
view "internal" {
        match-clients { internals; };
        recursion yes;
        zone "test.lan" {
          type master;
          file "/etc/bind/db.test";
          journal "/var/cache/bind/db.test.jnl";
          allow-update { key rndc-key; };
        };
        zone "1.168.192.in-addr.arpa" {
          type master;
          file "/etc/bind/db.192.168.1";
          journal "/var/cache/bind/db.192.168.1.jnl";
          allow-update { key rndc-key; };
        };
};
</pre>
Poichè nel file <code>/etc/bind/named.conf.local</code> abbiamo utilizzato la direttiva <code>view</code>, è necessario che tutte le zone di Bind siano configurate all'interno di una propria <code>view</code>. Perciò dobbiamo modificare anche il file <code>/etc/bind/named.conf.default-zones</code> aggiungendo all'inizio del file le righe:
<pre>
view "external" {
        match-clients { any; };
        recursion yes;
</pre>
e alla fine del file la corrispondente chiusura di istruzione:
<pre>
};
</pre>
Fatto  questo, far ripartire il demone bind9.<br/>
Ora, rimane da configurare il  server DHCP, il quale sarà incaricato di effettuare gli aggiornamenti  sul server DNS, e che quindi dovrà obbligatoriamente "autenticarsi" su  Bind utilizzando la chiave segreta  <code>/etc/bind/rndc.key</code>. Ciò si traduce  nell'aggiunta delle seguenti opzioni nel file di configurazione  /etc/dhcp3/dhcpd.conf (/etc/dhcp/dhcpd.conf da Squeeze):
<pre>
ddns-updates on;
update-static-leases on;    # i client con ip statico sono compresi negli aggiornamenti 
ddns-update-style interim;
ddns-domainname "test.lan.";
ddns-rev-domainname "in-addr.arpa.";
include "/etc/bind/rndc.key";
zone test.lan. {
        primary 192.168.1.1;
        key rndc-key;
        }
zone 1.168.192.in-addr.arpa. {
        primary 192.168.1.1;
        key rndc-key;
        }
</pre>
L'ultimo  passaggio consiste nel rendere la directory /etc/bind scrivibile anche  per l'utente bind, in modo tale che Bind possa creare i file di zona con  estensione .jnl che contengono i record DNS generati dinamicamente  tramite l'aggiornamento di Bind da parte del server DHCP:
<pre># chmod 775 /etc/bind</pre>
Verificare  che anche i file <code>db.test</code> e  <code>db.192.168.1</code> siano scrivibili da bind (potrebbe  succedere che uno o entrambi i file abbiano come proprietario  <code>root:bind</code> e che i permessi di gruppo siano di  sola lettura).<br />
Ora, un riavvio del demone dhcp3-server  (isc-dhcp-server da Squeeze) completerà l'opera, ed avremo una rete con  i PC che prendono la configurazione IP da un server DHCP, il quale  aggiorna dinamicamente il server DNS in modo tale che tutte le  operazioni di risoluzione dei nomi host avvengano correttamente  sull'intera rete locale. Il vantaggio di questa soluzione è l'elevata  automatizzazione dei processi descritti, che comporta un intervento  dell'amministratore di sistema che si limita alla configurazione  iniziale ed alla normale manutenzione del server, senza dover svolgere  noiosi, inutili e ripetitivi aggiornamenti manuali.


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