Etica hacker: differenze tra le versioni
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{{Box|<big>hacker ethic: n.</big>|<big>''1. The belief that information-sharing is a powerful positive good, and that it is an ethical duty of hackers to share their expertise by writing open-source code and facilitating access to information and to computing resources wherever possible.'' </big> | {{Box|<big>hacker ethic: n.</big>|<big>''1. The belief that information-sharing is a powerful positive good, and that it is an ethical duty of hackers to share their expertise by writing open-source code and facilitating access to information and to computing resources wherever possible.'' </big> | ||
'' | ''1. La convinzione che la condivisione della conoscenza sia un bene prezioso e positivo, e che sia un dovere etico degli hackers mettere a disposizione le proprie competenze scrivendo codice a sorgente aperto e facilitando, quando possibile, l'accesso all'informazione e alle risorse informatiche.'' | ||
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<center>''tratto da "the Jargon File 4.4.7"''</center> | <center>''tratto da "the Jargon File 4.4.7"''</center> |
Versione delle 13:56, 16 mar 2011
Etica hacker è una frase ormai sulla bocca di tutti, dal giornalista all'"esperto", passando per sociologi e massaie. Questo ha portato con il tempo ad uno svilimento e ad una massificazione dei concetti che stanno alla base di queste semplici parole.
Il concetto più caro agli hacker è quello della condivisione del sapere: in un mondo sempre più dominato da logiche di business, l'hacker è convinto che i prodotti dell'ingegno umano debbano essere a disposizione di tutti.
Per l'hacker le cose più importanti sono risolvere i problemi divertendosi, stando insieme, sfuggendo a logiche gerarchiche, condividendo onori, oneri e conoscenze, superando in maniera collaborativa i limiti personali. Primo Moroni a questo proposito parlava correttamente e con grande finezza della "socializzazione dei saperi senza fondare potere".