Personalizzare il comportamento delle finestre con Devil's Pie: differenze tra le versioni

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[[Categoria:Sistema]]
{{stub}}
[[Categoria:Hardware]]
==Introduzione==
Ho deciso di fare questa guida poich� ho avuto molta difficolt� a creare una connessione remota sicura fra una macchina Windows ed una Linux in una LAN (o in una WAN) in quanto la maggior parte delle guide, degli How-To e delle FAQ che ho trovato in Internet esamina tale connessione fra due macchine Linux.


== Introduzione ==
La connessione remota sicura, che esaminero`, e` una connessione che usa il protocollo [http://it.wikipedia.org/wiki/Ssh SSH (Secure SHell)] e, perci�, � detta '''connessione SSH''' la quale si basa sulla [http://it.wikipedia.org/wiki/Crittografia_asimmetrica criptografia asimetrica] detta anche '''criptografia a coppia di chiavi''' o, piu` semplicemente, '''a chiave pubblica/privata''' (o, semplicemente, '''a chiave pubblica''') che consiste nella generazione di una coppia di chiavi (chiamate [http://it.wikipedia.org/wiki/Chiave_privata chiave privata] e [http://it.wikipedia.org/wiki/Chiave_pubblica chiave pubblica]). In pratica, la '''chiave pubblica''' codifica la communicazione mentre la '''chiave privata''' decodifica tale comunicazione e vengono generate usando degli algoritmi asimetrici che sono [http://it.wikipedia.org/wiki/RSA RSA] e [http://en.wikipedia.org/wiki/Digital_Signature_Algorithm DSA] e le connessioni che usano tali coppie di chiavi prodotte da questi algoritmi asimetrici sono dette '''connessioni SSH'''. Tali algoritmi, per�, servono soltanto per instaurare una connessione criptata fra il client SSH e il server SSH in quanto, per il trasferimento vero e proprio dei dati, si usano degli algoritmi simmetrici, come AES o 3DES, che sono molto pi� efficenti per questo scopo ovvero per cifrare la comunicazione. Quindi:


Gli '''Hard Disk''' sono una delle parti pi� delicate degli odierni pc, ed infatti sono tra le periferiche che pi� facilmente sono soggette a rompersi.
Una '''connessione SSH''' una connessione cifrata che utilizza gli algoritmi asimetrici RSA o DSA soltanto per verificare se una chiave pubblica, memorizzata sul Server, derivi da una chiave privata salvata sul Client (in modo da garantire la reciproca autenticita` del Server e del Client) in modo da essere utilizzata, per l'intera sessione, per la cifratura simmetrica con algoritmi come AES o 3DES.


Fortunantamente ci sono degli strumenti studiati per diagnosticare i malfunzionamenti prima ancora che possano creare danno (speriamo ;-)). Ma ricordate che un backup periodico dei dati importanti � sempre la scelta migliore.
==Scelta del software==


In questa guida vedremo come usare alcuni strumenti come '''smartmontools''' e '''badblocks''' per monitorare lo stato di salute di un hard disk, vedremo come effettuare le basilari operazioni di backup di emergenza e come affrontare un eventuale ripristino dei dati.  
Ora, dopo aver fatto questa introduzione per chiarire i termini che user� in seguito, spiegher�, in pratica, come si crea una connessione SSH da Windows a Linux. Per far ci�, occorre scegliere un server-software SSH sulla macchina Linux (che funge dal Server) ed un client-software SSH su una macchina Windows (che funge da Client). Ora, per scegliere un server-software SSH per Linux, non esiste alcun problema in quanto la communit� Open Source ha creato un ottimo prodotto che, ormai, tutte le distribuzione lo installano come default. Questo prodotto � il software [http://www.openssh.com/ OpenSSH Server]. Ora, siccome Windows (in tutte le sue edizione per il Desktop) non ha nessun client-software SSH, occorre cercarne uno. Il pi� semplice client SSH con licenza certificata Open Source � [http://www.chiark.greenend.org.uk/~sgtatham/putty/ PuTTY] ma, chi volesse usare soprattutto la Shell di Linux ed avere qualche comodit� in pi� sullo stile di Windows, dovr� valutare programmi commerciali come [http://www.vandyke.com/products/securecrt/ SecureCRT] o [http://www.ssh.com/products/tectia/client/ SSH Tectia Client] che, per fortuna, si possono prelevare le versioni di valutazione completamente funzionanti prima dell'acquisto.


{{Box|Nota|Questa guida raccoglie le mie (limitate) conoscenze in materia nella speranza che siano utili ad altri. Sentitevi liberi di contribuire con approfondimenti o link ad ulteriori documenti.}}
{{Box | Nota |I client SSH permettono soltanto di accedere alla Shell di Linux per poter eseguire comandi su un terminale a caratteri di questo sistema operativo. Per poter accedere anche al suo server grafico [http://it.wikipedia.org/wiki/X_Window_System X Window System] o '''X11''' o soltanto '''X''' (e, quindi, per poter controllare i vari ambienti grafici ed i programmi di X), occorre anche un [http://it.wikipedia.org/wiki/VNC client/server VNC]. Ora, niente paura in quanto, grazie alla funzionalit� [http://en.wikipedia.org/wiki/Tunneling_protocol Tunneling] di questi tre client SSH, � possibile controlare anche X sempre in modo sicuro.}}


== DISCLAIMER ==
==Configurazione dell'OpenSSH Server==


Per quanto abbia fatto del mio meglio per verificare l'attendibilit� delle informazioni, non posso garantire in alcun modo che alcune delle tecniche illustrate di seguito non possano danneggire i vostri dati, bruciare la vostra casa o uccidere il vostro gatto.
Una volta installato l'OpenSSH Server sulla macchina Linux, occorre configurarlo per scegliere il modo di authentificazione che volete che le macchine Client usano per accedere a questa macchina Linux.


Faccio notare, inoltre, che il ripristino dei dati da una partizione corrotta � pi� una specie di magia nera che una scienza esatta, e richiede oltre che doti da chiromante anche una buona dose di fortuna. Quindi, e non lo ripeter� pi�, fate backup sistematici dei vostri dati o non lamentatevi se doveste perderli accidentalmente e non riuscire pi� a recuperarli!
Le varie autentificazione che OpenSSH Server pu� offrire sono:


== Controllare lo stato di salute di un HD: smartmontools ==
#Autentificazione tramite '''password'''
#Autentificazione '''ChallengeResponseAuthentication''' o '''Keyboard-Interactive'''
#Autentificazione '''a chiave pubblica'''
#Autentifiazione '''GSSAPI'''


Gli ''smartmontools'' permettono di usare la funzionalit� [http://en.wikipedia.org/wiki/Self-Monitoring%2C_Analysis_and_Reporting_Technology SMART] di tutti i moderni HD grazie alla quale � possibile prevedere con 24 ore di anticipo la rottura di un HD.
'''L'autentificazione tramite password''' utilizza la Username e la Password dell'utente (le stesse usate per l'autentificazione in locale) per verificare se l'utente � autorizzato ad accedere da remoto alla macchina Linux.


In debian basta installare il pacchetto smartmontools:
'''L'autentificazione ChallengeResponseAuthentication o Keyboard-Interactive''' utilizza una serie di autentificazioni caratterizzate da richieste, fatte dal server SSH, che devono essere confermate dalle risposte mandate dal client SSH. Se le risposte coincidono a quelle memorizzate sul Server, l'utente � autorizzato ad accedere da remoto alla macchina Linux altrimenti questi non pu� entrare in tale macchina Linux.


# aptitude install smartmontools
'''L'autentificazione a chiave pubblica''' verifica se la chiavi pubblica, memorizzata sul Server, '''derivi''' dalla chiave privata memorizzata sul Client dell'utente. Se tale verifica ha esito positivo, l'utente pu� accedere alla macchina Linux altrimetri no. Siccome la chiave privata � praticamente un file, che autorizza chiunque entra in possesso ad entrare in un Server SSH, � consigliabile protteggerla con una '''passphrase''' che, in sostanza, � una password che occorre inserirla ogni volta (o quasi) che si effettua una connessione verso tale Server SSH.


=== Analizzare lo stato dell'HD ===
'''L'autentifiazione GSSAPI''', basata su un'API generica, implementata su vari sistemi operativi, utilizza un determinato protocollo, che, normalmente, � Kerberos 5, per trasferire i dati per l'autentificazione.
Possiamo usare l'utility <tt>'''smartctl'''</tt> per analizzare lo stato dell'HD.  


Innanzi tutto vediamo alcune informazioni generiche sul nostro HD:
Le auttentificazioni pi� comode ed usate in una rete LAN (ma non solo) sono l''''autentificazione tramite password''' e l''''autentificazione a chiave pubblica'''. Quindi, la mia attenzione andr� soprattutto su queste due autentificazioni in quanto sono, forse, le pi� semplici da essere implementate.


<pre>
Il file di configurazione di OpenSSH Server si chiama ''sshd_config'' che, normalmente, si trova nella directory ''/etc/ssh''.
# smartctl -i /dev/hda
smartctl version 5.34 [i686-pc-linux-gnu] Copyright (C) 2002-5 Bruce Allen
Home page is http://smartmontools.sourceforge.net/


=== START OF INFORMATION SECTION ===
Questo file � un file di testo composto da '''direttive''' (dette '''Keywords'''), che sono '''case-insensitive''', e da '''valori''', che sono '''case-sensitive'''. Quindi, per editarlo, basta un semplice editor di testo come '''vi''' o '''Emacs''' che avete gi� nella vostra distribuzione.
Model Family:    Western Digital Caviar family
Device Model:    WDC WD600BB-00CAA1
Serial Number:    WD-WMA8F1747570
Firmware Version: 17.07W17
User Capacity:    60,022,480,896 bytes
Device is:        In smartctl database [for details use: -P show]
ATA Version is:  5
ATA Standard is:  Exact ATA specification draft version not indicated
Local Time is:    Tue Jan 31 17:36:07 2006 CET
SMART support is: Available - device has SMART capability.
SMART support is: Enabled
</pre>


oltre alle informazioni generiche, dalle ultime due righe si capisce che l'HD supporta la tecnologia SMART e che il supporto � attivato. Se non fosse attivato basterebbe questo comando:
Quindi, attiviamo, in forma base, le autentificazioni tramite password e a chiave pubblica e disattiviamo le altre per evitare conflitti ed accessi non desiderati a causa di eventuali bachi.
<pre>
# smartctl -s on /dev/hda
</pre>
per attivare il supporto SMART.


Per controllare lo stato di salute attuale:
Perci�, verichiamo, da root, che, nel file ''/etc/ssh/sshd_config'', ci siano le seguenti keyword ed i corrispettivi valori; se si dovessero trovare delle keyword mancanti o dei valori che non corrispodessero a quei sotto-ennunciati, modificate semplicemente il testo stando attenti a non fare incominciare le keyword con il simbolo # (sto facendo rifferimento al file ''/etc/ssh/sshd_config'' creato da OpenSSH Server come default):


<pre>
{|
# smartctl -H /dev/hda
|style="width:20em;vertical-align:top;"|''Port <Numero porta d'ascolto>''
smartctl version 5.34 [i686-pc-linux-gnu] Copyright (C) 2002-5 Bruce Allen
|Il valore di questa keyword indica la porta d'ascolto dell'OpenSSH Server. Conviene cambiare la porta d'ascolto di default per evitare, fin da subito, degli attacchi esterni e mettere un numero superiore a 1024 che non sia gi� usato da altri servizi locali o di Internet (per sapere le porte Internet di default usate dai comuni servizi Internet, andate [http://www.iana.org/assignments/port-numbers qui]). Si deve ricordare, dopo aver scelto tale porta, di "dire" al vostro firewall di aprire in entrata tale porta per fare in modo che i vostri utenti remoti possono accedere alla vostra macchina Linux.
Home page is http://smartmontools.sourceforge.net/
|-
|style="width:20em;vertical-align:top;"|''Protocol 2''
|Il valore di questa keyword indica quale protocollo SSH utilizzare. Consiglio di utilizzare soltanto il protocollo 2 in quanto il protocollo 1 ha seri problemi di sicurezza.
|-
|style="width:20em;vertical-align:top;"|''PermitRootLogin no''
|Il valore di questa keyword evita l'accesso come root da remoto con '''una sola''' autentificazione. Cio' garantisce maggior sicurezza alla vostra Linux-Box poich�, se uno volesse accedere come root, dovrebbe prima autentificarsi come utente normale per poi autentificarsi come root tramite il comando ''su''. In altre parore, con questa keyword impostata su '''no''', si volesse accedere come root da remoto, occorrerebbe autentificarsi '''due''' volte anzich� '''una'''.
|-
|style="width:20em;vertical-align:top;"|''PasswordAuthentication yes''
|Il valore di questa keyword permette l'autentificazione mediante un semplice Login (Username e Password) da remoto.
|-
|style="width:20em;vertical-align:top;"|KerberosAuthentication no''
|Il valore di questa keyword evita che la password fornita mediante l'autentificazione tramite password sia convalidata dal KDC (Kerberos Key Distribution Center).
|-
|style="width:20em;vertical-align:top;"|''PermitEmptyPasswords no''
|Il valore di questa keyword evita che l'autentificazione mediante un semplice Login remoto avenga senza la richiesta di una password se la keyword ''PasswordAuthentication'' � impostata sul ''yes''.
|-
|style="width:20em;vertical-align:top;"|''ChallengeResponseAuthentication no''
|Il valore di questa keyword non permette l'autentificazione mediante richieste-risposte ben precise fra il server ed il client SSH.
|-
|style="width:20em;vertical-align:top;"|''PubkeyAuthentication yes''
|Il valore di questa keyword permette l'autentificazione mediante una coppia di chiavi, una '''pubblica''', memorizzata sul Server, ed una '''privata''' salvata sul Client.
|-
|style="width:20em;vertical-align:top;"|''AuthorizedKeysFile <File chiavi pubbliche>''
|Il valore di questa keyword � il nome del file dove vengono memorizzate le chiavi publiche degli utenti remoti che servono per verificare se una di queste derivi dalla chiave privata memorizzata dal client SSH che cerca di effettuare una connessione SSH utilizzando un''''autentificazione a chiave pubblica'''. Logicamente, tale keyword viene considerata soltanto se la keyword ''PubkeyAuthentication'' � impostata su ''yes''. Il valore di tale keyword deve contenere il path assoluto o relativo di questo file compreso il nome stesso (il valore di default � ''.ssh/authorized_keys''). Normalmente, il path assoluto si usa quando il gestore del Server vuole tenere sott'occhio un unico file (che pu� anche essere memorizzato, per motivi di sicurezza, su un'altra macchina); mentre il path relativo alla home directory di ogni utente remoto viene, normalmente, usato per far s� che ogni utente gestisca lui stesso il file mettendo una o pi� delle sue chiavi pubbliche.
|-
|style="width:20em;vertical-align:top;"|''GSSAPIAuthentication no''
|Il valore di questa keyword non permette l'autentificazione utilizzando l'API GSSAPI.
|}


=== START OF READ SMART DATA SECTION ===
SMART overall-health self-assessment test result: PASSED
</pre>


L'ultima riga ci dice che la salute sembra buona e nessuno dei parametri interni controllati da SMART ha superato il livello di guardia.


{{Warningbox| Se il precendente comando non riporta '''PASSED''' smontate immediatamente tutte le partizioni presenti su quell'HD ed effettuate un backup dei dati: la rottura definitiva ed irreversibile del disco prevista nelle successive 24 ore!}}


Per avere tutte le informazioni possibili sul nostro HD diamo:
<pre>
# smartctl -a /dev/hda
</pre>
L'output, abbastanza lungo (-a sta per "all"), diviso in quattro sezioni. Il primo blocco rappresenta le informazioni generiche sull'HD (le stesse ottenute prima con <tt>-i</tt>), la seconda sezione riporta le informazioni sul supporto SMART. La terza sezione elenca i parametri interni monitorati da SMART e se hanno mai superato il livello di guardia, nel mio caso:
<pre>
SMART Attributes Data Structure revision number: 16
Vendor Specific SMART Attributes with Thresholds:
ID# ATTRIBUTE_NAME          FLAG    VALUE WORST THRESH TYPE      UPDATED  WHEN_FAILED RAW_VALUE
  1 Raw_Read_Error_Rate    0x000b  200  200  051    Pre-fail  Always      -      0
  3 Spin_Up_Time            0x0007  099  091  021    Pre-fail  Always      -      4108
  4 Start_Stop_Count        0x0032  098  098  040    Old_age  Always      -      2590
  5 Reallocated_Sector_Ct  0x0033  200  200  140    Pre-fail  Always      -      0
  7 Seek_Error_Rate        0x000b  200  200  051    Pre-fail  Always      -      0
  9 Power_On_Hours          0x0032  092  092  000    Old_age  Always      -      6494
10 Spin_Retry_Count        0x0013  100  100  051    Pre-fail  Always      -      0
11 Calibration_Retry_Count 0x0013  100  100  051    Pre-fail  Always      -      0
12 Power_Cycle_Count      0x0032  098  098  000    Old_age  Always      -      2435
196 Reallocated_Event_Count 0x0032  200  200  000    Old_age  Always      -      0
197 Current_Pending_Sector  0x0012  200  200  000    Old_age  Always      -      0
198 Offline_Uncorrectable  0x0012  200  200  000    Old_age  Always      -      0
199 UDMA_CRC_Error_Count    0x000a  200  200  000    Old_age  Always      -      19
200 Multi_Zone_Error_Rate  0x0009  200  200  051    Pre-fail  Offline      -      0
</pre>
I parametri indicati come ''Pre-fail'' sono quelli che superano la soglia di guardia nelle 24 ore che precedono la rottura dell'HD, mentre quelli ''Old_age'' sono i parametri che superano la soglia di guardia quando ormai l'HD vecchio e non considerato pi affidabile dal costruttore. Nel mio esempio si vede che nessun parametro ha mai superato la soglia di guardia.
L'ultima sezione del comando <tt>smartctl -a /dev/hda</tt> riguarda il log dei test manualmente effettuati sull'HD:
<pre>
SMART Error Log Version: 1
No Errors Logged
SMART Self-test log structure revision number 1
Num  Test_Description    Status                  Remaining  LifeTime(hours)  LBA_of_first_error
# 1  Short offline      Completed without error      00%      952        -
# 2  Conveyance offline  Completed without error      00%      951        -
# 3  Short offline      Completed without error      00%      951        -
# 4  Short offline      Completed without error      00%      875        -
</pre>
Nell'esempio si pu vedere che sono stati effettuati 4 test, di cui tre di tipo ''short'' e uno di tipo ''conveyance''. Nessuno di loro ha dato esito positivo (cio non sono stati rilevati malfunzionamenti).
=== Effettuare manualmente i test ===
E' possibile effettuare dei test pi o meno approfonditi sul disco. Alcuni test si possono effettuare con l'HD montato e funzionate, ed il test stesso avr un impatto minimo o nullo sulle prestazioni del sistema.
Per effettuare un test:
# smartctl -t tipo_test /dev/hda
dove ''<tt>tipo_test</tt>'' pu essere:
;<tt>short</tt>: effettua un test sul disco di durata inferiore a 10 minuti, pu essere eseguito durante il normale funzionamento e non impatta le prestazioni. Questo test controlla le performace meccaniche ed elettriche del disco, oltre che le performance in lettura.
;<tt>long</tt>: effettua un test di durata da 40 minuti ad un ora (a seconda del disco). Pu essere effettuato durante il normale funzionamento del disco e non ha impatto sulle prestazioni. Questo test una versione pi estesa dello ''short test''.
;<tt>conveyance</tt>: effettua un test di alcuni minuti atto a scoprire difetti dovuti ad incurie nel trasporto dell'HD. Pu essere eseguito durante il normale funzionamento dell'HD.
Esistono anche altri tipi di test per i quali si rimanda alla simpatica pagina di manuale: '''<tt>man smartctl</tt>'''.
I risultati di questi test vengono riportati nella parte finale dell'output di <code>smartctl -a /dev/hda</code>, come notato in precedenza.
=== Controllo automatizzato ===
E' possibile attivare il demone '''<tt>smartd</tt>''' fornito dal pacchetto <tt>smartmontools</tt> per monitorare in continuazione lo stato di salute dell'HD e notificare ogni anomalia immediatamente tramite syslog.
Normalmente il demone disabilitato. Per abilitarlo bisogna editare il file <tt>/etc/default/smartmontools</tt> e decommentare la riga:
start_smartd=yes
Dobbiamo inoltre configurare smartd per deciderne il suo comportamento. A tal scopo editiamo il file <tt>/etc/smartd.conf</tt>. Leggendo i commenti nel file e l'amichevole pagina di manuale (<tt>man smartd.conf</tt>) possibile scegliere quali parametri <tt>smartd</tt> debba monitorare, programmare dei test automatici, e decidere quali azioni intraprendere in caso di errore.
Nel mio caso ho inserito solo la seguente linea:
/dev/hda -a -o on -S on
che attiva il monitoraggio di tutti (<tt>-a</tt>) i parametri, abilitia l' ''automatic online data collection'' (<tt>-o on</tt>), e abilita il salvataggio degli attributi (<tt>-S on</tt>) in modo che le informazioni di log di SMART vengano memorizzare nella FLASH del disco e siano disponibili anche dopo il riavvio.
== Verifica di settori corrotti ==
L'utility <tt>'''badblocks'''</tt> permette di fare un controllo di basso livello per vedere se su una partizione sono presenti dei settori danneggiati.
I moderni HD IDE fanno un controllo automatico degli errori e sono in grado di segnare dei settori corrotti che di conseguenza non verranno pi usati. Questo rende in parte inutile <tt>badblocks</tt>, ma se si effettua un controllo e dei settori risultano danneggiati vuol dire che probabilmente la superficie del disco contiene cos tanti settori danneggiati che la circuiteria di controllo non pi in gradio di gestirli.
Per effettuare un controllo con <tt>badblocks</tt> smontiamo la partizione ed eseguiamo:
# badblocks -b dimensione_blocco /dev/hdaX
dove <tt>/dev/hdaX</tt> la partizione da controllare. Il parametro <tt>dimensione_blocco</tt> la dimensione del blocco usata dal filesytem espresso in byte. Di solito 4096 (ovvero 4KB), per controllare potete usare:
# disktype /dev/hda
Per le ulteriori opzioni di <tt>badblocks</tt> si rimanda all'amichevole pagina di manuale, ma '''attenzione: l'opzione <tt>-w</tt> distrugger tutti i dati sulla vostra partizione'''. Non usatela se non volete che ci accada.
Se trovate dei settori danneggiati conviene cambiare immediatamente HD. Sebbene ci sia una piccola probabilit che l'errore sia isolato (dovuto ad esempio ad uno sbalzo di tensione) molto pi probabile che l'HD si stia progressivamente danneggiando e presto ci saranno dei nuovi settori danneggiati. Comunque se volete giocare alla roulette russa con i vostri dati siete liberi di farlo :-P.
== Backup di emergenza ==
Per effettuare un backup di emergenza di una partizione corrotta il tool pi efficace '''[http://www.gnu.org/software/ddrescue/ddrescue.html GNU ddrescue]''' (da non confondere con il simile ma meno potente <tt>[http://www.garloff.de/kurt/linux/ddrescue/ dd_rescue]</tt>). Per installare GNU ddrescue in debian basta installare il pacchetto <tt>gddrescue</tt>.
GNU ddrescue pu effettuare backup di singoli file o di intere partizioni, riconoscendo ed aggirando i settori danneggiati. Pu essere interrotto in qualsiasi momento, riprendere la copia da punto in cui stato interrrotto e pu fare il ''merge'' dei file se si hanno pi copie degli stessi file corrotti.
Il suo uso vagamente simile al classico '''<tt>dd</tt>''':
# ddrescue ddrescue [OPTIONS] INFILE OUTFILE [LOGFILE]
Per una lista completa delle opzioni si rimanda al manuale: <tt>info ddrescue</tt>.
Riporto un semplice esempio di utilizzo:
# ddrescue -r3 /dev/hda3 /dev/hdb2 logfile
il precedente comando copier la partizione hda3 in hdb2 (distruggengo gli eventuali dati ivi presenti) provando a leggere tre volte i settori danneggiati e usando <tt>logfile</tt> come file di log.
Ora possiamo eseguire sulla copia i normali tool di ripristino del nostro filesystem (<tt>fsck.*</tt>).
== Strumenti per il ripristino dei dati ==
''In questa sezione verr accennato il problema del ripristino dati. Lo scopo solo quello di dare una panoramica iniziale del problema che possa servire come orientamento per ulteriori approfondimenti''.
Prima di ogni operazione di ripristino dati fortemente consigliato effettuare una copia della partizione (vedi sezione precedente) e operare sulla copia.
La metodologia per il ripristino dei dati pu variare a seconda del filesytem utilizzato e del modo in cui si sono perduti i dati. Ad esempio se si vogliono recuperare dei file cancellati accidentalmente da una partizione ext2 ci sono delle buone possibilit di usare il tool <tt>[http://recover.sourceforge.net/linux/recover/ recover]</tt> (presente nell'omonimo pacchetto debian). Il tool <tt>recover</tt> non pu essere usato su partizione ext3. Purtroppo, oltre a <tt>recover</tt> per ext2, non conosco nessun altro tool free e automatico per il recupero dei file accidentalmente cancellati.
In mancanza di strumenti automatici si usa la cos detta ''Unix Way''. Ovvero si usano i tradizionali strumenti unix per accedere direttamente al device ed estrarre i dati utili. Ad esempio se si devono recuperare file di testo o documenti non binari (per intenderci non foto o musica o programmi compilati) si possono usare <tt>egrep</tt> e <tt>strings</tt>.
Se si vogliono recuperare foto jpeg possibile usare <tt>'''recoverjpeg'''</tt> (presente nell'omonimo pacchetto debian) che cerca di identificare gli header jpeg in una immagine di file system.
E' fortemente consigliata la lettura dei documenti elencati di seguito nella sezione ''Links->Articoli'' per degli esempi pratici sul recupero dati da filesystem ext2 e reiserfs (ma le informazioni possono servire da spunto per operare anche su altri file system).
== Links ==
=== Articoli ===
* [http://www.linuxquestions.org/linux/answers/Hardware/ReiserFS_Data_Recovery_Tips ReiserFS Data Recovery Tips]
* [http://ildp.pluto.it/HOWTO/Ext2fs-Undeletion.html Linux Ext2fs Undeletion mini-HOWTO]
* [http://www.linuxjournal.com/article/8366 How a Corrupted USB Drive Was Saved by GNU/Linux]
=== Strumenti Utili ===
* [http://smartmontools.sourceforge.net/ smartmontools Home Page]
* [http://www.gnu.org/software/ddrescue/ddrescue.html GNU ddrescue]
* [http://www.partimage.org/index.en.html Partimage]
* [http://www.cgsecurity.org/index.html?testdisk.html TestDisk]




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Autore Iniziale: [[Utente:TheNoise|~ The Noise]] 05:31, Feb 4, 2006 (EST)
--[[Utente:Balubeto|Balubeto]] 10:52, 9 Giu 2006 (EDT)