OpenSSH: differenze tra le versioni

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* Si noti che digitare dalla macchina remota il comando <code>host ip_client</code>, è condizione necessaria, ma NON sufficiente per assicurarsi che SSH risolva correttamente i FQDN.
* Si noti che digitare dalla macchina remota il comando <code>host ip_client</code>, è condizione necessaria, ma NON sufficiente per assicurarsi che SSH risolva correttamente i FQDN.
* Controllare sempre di aver scritto correttamente il FQDN della macchina client.}}
* Controllare sempre di aver scritto correttamente il FQDN della macchina client.}}
==== publickey ====
Questa modalità si basa sull'autenticazione dell'utente esattamente come per la modalità ''password'', ma per l'appunto sfruttando l'accoppiata chiave pubblica/privata.
Il primo passo è creare le chiavi col solito <code>ssh-keygen</code>, tuttavia la procedura è leggermente diversa da quella descritta per il caso ''hostbased''. In questo caso l'utente avrà infatti facoltà di scegliere l'algoritmo di cifratura (''rsa'' è quello predefinito), il numero di bit quando permesso dall'algoritmo scelto, la directory dove salvare la coppia di chiavi (la destinazione predefinita è <code>~/.ssh/</code>) e se inserire o meno un codice di sblocco della chiave.
{{Box|Sicurezza e codice di sblocco|La sicurezza della procedura di autenticazione NON dipende in alcun modo dal codice di sblocco eventualmente scelto, infatti quest'ultimo serve solo a cifrare la propria chiave privata in modo che questa possa essere utilizzata solo dopo aver inserito correttamente il suddetto codice. Il fine è evidente, cioè impedire l'utilizzo immediato della chiave da parte di persone non autorizzate che in qualche modo siano riuscite a farsene una copia.}}
Supponendo di voler creare una coppia di chiavi ''rsa'' basterà quindi digitare:
<pre>ssh-keygen</pre>
Se invece si vuole aumentare la robustezza delle chiavi è possibile aumentarne il numero di bit (e quindi anche leggermente il tempo di creazione) da 2048 a 4096:
<pre>ssh-keygen -b 4096</pre>
Per creare una coppia di chiavi basata sull'algoritmo ''ed25519'':
<pre>ssh-keygen -t ed25519</pre>


==Inserire le chiavi pubbliche==
==Inserire le chiavi pubbliche==

Versione delle 09:47, 20 set 2015

Edit-clear-history.png Attenzione. Questa guida è da considerarsi abbandonata, per via del tempo trascorso dall'ultima verifica.

Potrà essere resa obsoleta, previa segnalazione sul forum, se nessuno si propone per l'adozione.


Debian-swirl.png Versioni Compatibili

Debian 5 "lenny"
Debian 6 "squeeze"
Debian 7 "wheezy"

Installazione

È bene premettere che se lo scopo di chi legge è solo collegarsi ad altri computer, ma non permettere la connessione a quello in uso, allora è sufficiente l'installazione del solo client (normalmente già effettuata durante l'installazione di debian), viceversa è sufficiente l'installazione del solo server. Premesso questo, per installare sia client che server digitare da terminale:

# aptitude install ssh

Per installare il solo client:

# aptitude install openssh-client

Per installare il solo server:

# aptitude install openssh-server

Opzionalmente è possibile installare anche il pacchetto openssh-blacklist

# aptitude install openssh-blacklist

Utilizzo base

Client

Al termine dell'installazione del client è già possibile collegarsi ad altre macchine a patto di avere già delle credenziali, ovvero username e password di un account valido, per la macchina remota cui ci si vuole connettere. È quindi sufficiente digitare:

$ ssh username_remoto@host_remoto

per iniziare il collegamento.
Si noti che host_remoto può essere un nome host, un FQDN o un indirizzo IP. Nei primi due casi il computer su cui è installato il client deve essere in grado di risolvere i nomi del computer remoto, o tramite server DNS oppure tramite file /etc/hosts.
Quando ci si collega per la prima volta ad una nuova macchina remota verrà chiesto all'utente se intende effettivamente proseguire con la procedura di autenticazione e contestualmente aggiungere la chiave pubblica della macchina remota al proprio file locale ~.ssh/known_hosts.
Il messaggio che viene stampato a video contiene "l'impronta digitale" della chiave pubblica che si andrà ad accettare, così che l'utente possa confrontarla con quella eventualmente già in suo possesso e quindi capire se la macchina remota è effettivamente quella cui l'utente vuole connettersi e NON una macchina diversa operata da qualche malintenzionato. Naturalmente l'utente non è obbligato ad effettuare un simile controllo e quindi può limitarsi ad accettare "andando sulla fiducia". Sebbene potenzialmente rischioso come comportamento, il buon senso aiuta sempre in queste situazioni, quindi se l'utente si collega ad un computer della propria LAN oppure alla macchina di un noto provider, è evidente che il rischio di collegarsi ad una macchina "maligna" sarà nullo o ragionevolmente trascurabile.
Una volta accettata la chiave pubblica remota viene richiesta la password dell'account remoto cui si sta tentando di accedere. Una volta inseritala comprarirà il prompt dei comandi della macchina remota e l'utente potrà operare come se stesse usando una normalissima istanza del terminale del suo computer.
Per terminare una connessione è sufficiente digitare:

$ Exit

eventualmente più volte se nel frattempo si è assunta l'identità di root col comando su (o di qualche altro utente).

Si noti infine che se lo username dell'utente sulla macchina client coincide con quello della macchina remota è possibile non indicare il parametro username_remoto e quindi limitarsi a digitare:

$ ssh host_remoto

Server

Non vi è nulla da configurare, già al termine dell'installazione il computer risulta pronto a ricevere connessioni. L'unico metodo di autenticazione disponibile è però quello tramite password.

Note

  • Quanto fin qui scritto presuppone che non vi siano firewall a bloccare le connessioni, in particolare sulla porta 22, quella utilizzata in modo predefinito da OpenSSH.
  • L'autenticazione tramite password va benissimo per un ambito LAN, ma non è la scelta migliore in caso di connessioni attraverso internet. Un utente quindi che desideri avere un livello di sicurezza maggiore dovrà necessariamente optare per il meccanismo di autenticazione tramite coppia di chiavi pubblica e privata. Si badi bene che con questo non si vuol affermare che l'autenticazione tramite password sia inadeguata in senso assoluto, infatti per l'utente comune sarà di norma sufficiente, ma si vuol semplicemente rendere noto che esistono opzioni più sicure.
  • L'autenticazione tramite chiavi pubblica/privata permette, volendo, di stabilire connessioni senza dover digitare alcuna password o codice di sblocco.

Utilizzo avanzato

Warning.png ATTENZIONE
Ogni qualvolta si apportano modifiche ai file di configurazione /etc/ssh/ssh_config e /etc/ssh/sshd_config è necessario riavviare il demone ssh per renderle operative.


Cambio del numero di porta

Una delle personalizzazioni più semplici che si può adottare è la modifica della porta predefinita, ovvero l'indicazione di un numero di porta differente dalla 22. Tale scelta può essere una necessità pratica, dovuta ad esempio alla necessità di collegarsi a più macchine tutte poste dietro uno stesso router/NAT, oppure un piccolo artificio per rendere un po' più difficili gli attacchi al proprio server SSH da parte di malintenzionati.

Info.png Nota
Se si decide di cambiare numero di porta è bene ricordare che i numeri fino a 1024 sono riservati al sistema, pertanto l'utente dovrà scegliere sempre dei valori maggiori di 1024.


Client

Ci sono due strade per utilizzare un numero di porta differente:

  1. passare il numero direttamente da riga di comando usando l'opzione -p;
  2. modificare il file di configurazione /etc/ssh/ssh_config

Un esempio della prima opzione è il seguente:

$ ssh utente_remoto@host_remoto -p 13462

La riga da modificare nel file di configurazione è invece quella dove compare la voce # Port 22:

[...]
#   IdentityFile ~/.ssh/id_dsa
#   Port 22
#   Protocol 2,1
[...]

È sufficiente decommentare tale riga ed indicare il numero di porta desiderato, ad esempio:

[...]
#   IdentityFile ~/.ssh/id_dsa
    Port 13462
#   Protocol 2,1
[...]

Naturalmente tutto quanto qui scritto presuppone che l'utente abbia già configurato il server SSH della macchina remota per comunicare su una porta diversa dalla 22.

Server

Se si opta per l'utilizzo di una porta differente da quella standard è necessario specificare tale valore non solo nella configurazione del client, ma anche in quello del server operante sulla macchina remota.
Si tratta cioè di editare il file /etc/ssh/sshd_config e modificare la voce Port 22:

# Package generated configuration file
# See the sshd_config(5) manpage for details

# What ports, IPs and protocols we listen for
Port 22
[...]

per esempio in:

# Package generated configuration file
# See the sshd_config(5) manpage for details

# What ports, IPs and protocols we listen for
Port 13462
[...]

Metodi di autenticazione

Come già scritto il metodo di autenticazione utilizzabile fin da subito, cioè l'inserimento della password relativa all'account remoto, non è il più sicuro poiché suscettibili di attacchi a forza bruta o in ogni caso di rivelare la stessa nel caso di collegamento a server fittizi gestiti da malintenzionati.
OpenSSH supporta attualmente cinque tipi di autenticazione:

  1. kerberos (gssapi-with-mic)
  2. chiave client (hostbased)
  3. chiave pubblica (publickey)
  4. keyboard-interactive
  5. password

Ai fini di questa guida saranno trattate, in aggiunta all'ultimo tipo già descritto, anche le modalità hostbased e publickey, tuttavia prima di procedere a descriverle nel dettaglio è bene precisare che i due metodi sono simili tra loro poiché entrambi sfruttano l'accoppiata chiave pubblica e privata per suggellare l'autenticazione dell'utente.

Info.png Nota
Dei due metodi hostbased e publickey, solo il secondo può dirsi sicuramente più sicuro di quello basato su password.


hostbased

Usando questa modalità non vengono autenticati i singoli utenti, ma la macchina stessa. In pratica la macchina remota controlla solo che la macchina client sia veramente chi dice di essere, ma non esegue alcun controllo sugli utenti. Superata tale verifica gli account della macchina client hanno immediatamente accesso all'account omonimo presente sulla macchina remota.

Risulta quindi evidente come una compromissione di uno o più account della macchina client implichino necessariamente la compromissione immediata dei corrispondenti account della macchina remota. Si può dunque affermare che questa modalità di autenticazione risulta utile quando:

  • sulla macchina client esistono diversi account presenti anche sulla macchina remota e tutti quanti, o buona parte di essi, necessitano di usare SSH. Si noti che tali account debbono necessariamente avere lo stesso nome;
  • la macchina client è considerata "assolutamente" sicura.
Info.png Alternative
Il server SSH in modalità autenticazione hostbased può essere anche configurato per permettere ad un singolo utente della macchina client di accedere ad utenze multiple, o perfino tutte, della macchina remota. In questa guida ci si limiterà al caso utente client --> utente remoto omonimo. Se il lettore fosse interessato alle altre possibilità veda il manuale relativamente ai file /etc/hosts.equiv e ~/shosts


Generazione chiavi

Normalmente in fase di installazione vengono già generate automaticamente una coppia di chiavi pubblica/privata per ogni tipo di algoritmo di cifratura. Tali chiavi sono conservate in /etc/ssh/, insieme ai file di configurazione, e condividono tutte la parte iniziale del loro nome, ovvero ssh_host_.
Digitando quindi $ ls -hl /etc/ssh/ssh_host_* si otterrà un elenco simile a questo:

-rw------- 1 root root  668 set 18 21:59 /etc/ssh/ssh_host_dsa_key
-rw-r--r-- 1 root root  602 set 18 21:59 /etc/ssh/ssh_host_dsa_key.pub
-rw------- 1 root root  227 set 18 21:59 /etc/ssh/ssh_host_ecdsa_key
-rw-r--r-- 1 root root  174 set 18 21:59 /etc/ssh/ssh_host_ecdsa_key.pub
-rw------- 1 root root  399 set 18 21:59 /etc/ssh/ssh_host_ed25519_key
-rw-r--r-- 1 root root   94 set 18 21:59 /etc/ssh/ssh_host_ed25519_key.pub
-rw------- 1 root root  977 set 18 21:59 /etc/ssh/ssh_host_key
-rw-r--r-- 1 root root  642 set 18 21:59 /etc/ssh/ssh_host_key.pub
-rw------- 1 root root 1,7K set 18 22:00 /etc/ssh/ssh_host_rsa_key
-rw-r--r-- 1 root root  394 set 18 22:00 /etc/ssh/ssh_host_rsa_key.pub

Di queste cinque coppie di chiavi le uniche da considerare sono di fatto:

-rw------- 1 root root  399 set 18 21:59 /etc/ssh/ssh_host_ed25519_key
-rw-r--r-- 1 root root   94 set 18 21:59 /etc/ssh/ssh_host_ed25519_key.pub
-rw------- 1 root root 1,7K set 18 22:00 /etc/ssh/ssh_host_rsa_key
-rw-r--r-- 1 root root  394 set 18 22:00 /etc/ssh/ssh_host_rsa_key.pub

poiché ssh_host_key/ssh_host_key.pub (rsa1) relative alla versione 1.5 di SSH e le rimanenti due (dsa, ecdsa) sono poco sicure e/o comunque deprecate.

Qualora l'utente lo desiderasse è possibile eliminare le chiavi già generate e successivamente ricrearne di nuove. I comandi da usare sono:

# rm /etc/ssh/ssh_host_*
# ssh-keygen -A

Si noti che il comando ssh-keygen -A ignora l'opzione -b, quindi le chiavi saranno create usando il numero di bit predefinito, ad es. 2048 per RSA. Per usare un numero di bit maggiore, ammesso che ciò sia possibile (rsa sì, ed25519 no), è necessario crearle manualmente (si veda la sezione dedicata al metodo publickey) e quindi rinominarle correttamente e copiarle in /etc/ssh/.

Client

È necessario modificare il file /etc/ssh/ssh_config decommentando HostbasedAuthentication e indicando yes come valore, oltre ad aggiungere EnableSSHKeysign yes:

[...]
#   RSAAuthentication yes
#   PasswordAuthentication yes
    HostbasedAuthentication yes
    EnableSSHKeysign yes
#   GSSAPIAuthentication no
#   GSSAPIDelegateCredentials no
[...]
Server

È necessario modificare il file /etc/ssh/ssdh_config decommentando HostbasedAuthentication e indicando yes come valore, oltre ad assicurarsi che lo siano anche i parametri RSAAuthentication e PubkeyAuthentication:

[...]
RSAAuthentication yes
PubkeyAuthentication yes
#AuthorizedKeysFile     %h/.ssh/authorized_keys

# Don't read the user's ~/.rhosts and ~/.shosts files
IgnoreRhosts yes
# For this to work you will also need host keys in /etc/ssh_known_hosts
RhostsRSAAuthentication no
# similar for protocol version 2
HostbasedAuthentication yes
[...]

Inserire la chiave pubblica del client /etc/ssh/ssh_host_rsa_key.pub nel file /etc/ssh/ssh_unknown_hosts (da creare se non ancora presente), avendo cura di premettere il FQDN del client e/o il suo indirizzo IP, ad esempio:

nomeclient.small.lan,IP_client ssh-rsa lunghissima_stringa_di_caratteri root@nomeclient

Creare un file /etc/ssh/shosts.equiv in cui indicare riga per riga tutti i FQDN e/o IP dei client autorizzati a connettersi al server, ad esempio:

nomeclient.small.lan
IP_client
Bulb.png Suggerimento
Durante la prima configurazione usare sempre l'indirizzo IP, con o senza FQDN, per provare che tutto funzioni, infatti a chi scrive è capitato di perdere diverse ore prima di accorgersi che il non funzionamento era dovuto ad un qualche problema di risoluzione del FQDN.
  • Si noti che digitare dalla macchina remota il comando host ip_client, è condizione necessaria, ma NON sufficiente per assicurarsi che SSH risolva correttamente i FQDN.
  • Controllare sempre di aver scritto correttamente il FQDN della macchina client.


publickey

Questa modalità si basa sull'autenticazione dell'utente esattamente come per la modalità password, ma per l'appunto sfruttando l'accoppiata chiave pubblica/privata.

Il primo passo è creare le chiavi col solito ssh-keygen, tuttavia la procedura è leggermente diversa da quella descritta per il caso hostbased. In questo caso l'utente avrà infatti facoltà di scegliere l'algoritmo di cifratura (rsa è quello predefinito), il numero di bit quando permesso dall'algoritmo scelto, la directory dove salvare la coppia di chiavi (la destinazione predefinita è ~/.ssh/) e se inserire o meno un codice di sblocco della chiave.

Info.png Sicurezza e codice di sblocco
La sicurezza della procedura di autenticazione NON dipende in alcun modo dal codice di sblocco eventualmente scelto, infatti quest'ultimo serve solo a cifrare la propria chiave privata in modo che questa possa essere utilizzata solo dopo aver inserito correttamente il suddetto codice. Il fine è evidente, cioè impedire l'utilizzo immediato della chiave da parte di persone non autorizzate che in qualche modo siano riuscite a farsene una copia.


Supponendo di voler creare una coppia di chiavi rsa basterà quindi digitare:

ssh-keygen

Se invece si vuole aumentare la robustezza delle chiavi è possibile aumentarne il numero di bit (e quindi anche leggermente il tempo di creazione) da 2048 a 4096:

ssh-keygen -b 4096

Per creare una coppia di chiavi basata sull'algoritmo ed25519:

ssh-keygen -t ed25519

Inserire le chiavi pubbliche

Warning.png ATTENZIONE
Per la generazione delle chiavi di autenticazione fate riferimento a questa altra guida:

Ssh e autenticazione tramite chiavi.


Creare nella dir /home/m3gac4mmell0/.ssh il file authorized_keys. Se la directory non esiste, crearla con proprietario l'user prescelto:

$ mkdir /home/user/.ssh
$ chmod 700 /home/user/.ssh
$ cd /home/user/.ssh
$ touch authorized_keys
$ chmod 600 authorized_keys

Prestiamo attenzione ai permessi attribuiti.

Ora inseriamo le chiavi pubbliche nel file authorized_keys.

Come amante di MC e mcedit faccio la cosa manualmente, ma pare sia possibile usare un semplice comando:

$ scp -P <porta> ~/.ssh/id_rsa.pub <username>@<ip del server>:~/.ssh/authorized_keys

Per maggiori informazioni consultare anche : ssh-copy-id e ssh-add

Se la modifica viene fatta con un editor di testo (es. mcedit) ATTENZIONE a inserire le chiavi in una singola riga.

Configurazione

Quella che riporto ora è la configurazione di SSH inserita nel file /etc/ssh/sshd_config .

# Package generated configuration file
# See the sshd_config(5) manpage for details

# What ports, IPs and protocols we listen for
Port 2974
# Use these options to restrict which interfaces/protocols sshd will bind to
#ListenAddress ::
#ListenAddress 0.0.0.0
Protocol 2
# HostKeys for protocol version 2
HostKey /etc/ssh/ssh_host_rsa_key
HostKey /etc/ssh/ssh_host_dsa_key
#Privilege Separation is turned on for security
UsePrivilegeSeparation yes

# Lifetime and size of ephemeral version 1 server key
KeyRegenerationInterval 3600
ServerKeyBits 768

# Logging
SyslogFacility AUTH
LogLevel INFO

# Authentication:
LoginGraceTime 120
PermitRootLogin no
StrictModes yes

RSAAuthentication yes
PubkeyAuthentication yes
AuthorizedKeysFile	%h/.ssh/authorized_keys

# Don't read the user's ~/.rhosts and ~/.shosts files
IgnoreRhosts yes
# For this to work you will also need host keys in /etc/ssh_known_hosts
RhostsRSAAuthentication no
# similar for protocol version 2
HostbasedAuthentication no
# Uncomment if you don't trust ~/.ssh/known_hosts for RhostsRSAAuthentication
#IgnoreUserKnownHosts yes

# To enable empty passwords, change to yes (NOT RECOMMENDED)
PermitEmptyPasswords no

# Change to yes to enable challenge-response passwords (beware issues with
# some PAM modules and threads)
ChallengeResponseAuthentication no

# Change to no to disable tunnelled clear text passwords
PasswordAuthentication no

# Kerberos options
#KerberosAuthentication no
#KerberosGetAFSToken no
#KerberosOrLocalPasswd yes
#KerberosTicketCleanup yes

# GSSAPI options
#GSSAPIAuthentication no
#GSSAPICleanupCredentials yes

X11Forwarding no
X11DisplayOffset 10
PrintMotd no
PrintLastLog yes
TCPKeepAlive no
#UseLogin no

#MaxStartups 10:30:60
#Banner /etc/issue.net

# Allow client to pass locale environment variables
AcceptEnv LANG LC_*

Subsystem sftp /usr/lib/openssh/sftp-server

# Set this to 'yes' to enable PAM authentication, account processing,
# and session processing. If this is enabled, PAM authentication will
# be allowed through the ChallengeResponseAuthentication and
# PasswordAuthentication.  Depending on your PAM configuration,
# PAM authentication via ChallengeResponseAuthentication may bypass
# the setting of "PermitRootLogin without-password".
# If you just want the PAM account and session checks to run without
# PAM authentication, then enable this but set PasswordAuthentication
# and ChallengeResponseAuthentication to 'no'.
UsePAM no

La parte modificata per forzare l'accesso con le chiavi è di sole 3 righe:

ChallengeResponseAuthentication no
PasswordAuthentication no
UsePAM no

Se avete problemi basta riportare a 'yes' le opzioni sopra indicate.

Oltre alla porta cambiata come segnalato a priori, occorre decommentare la riga:

AuthorizedKeysFile	%h/.ssh/authorized_keys

In più ho preferito impostare a 'no' questa:

X11Forwarding no
  • Se la sessione si blocca per inutilizzo, provare con TCPKeepAlive yes .
  • È possibile porre alcune restrizioni aggiuntive quali AllowUsers e MaxAuthTries.

Optional

La seguente parte è da considerarsi opzionale anche se per la sicurezza, da parte mia, resta consigliata

Fail2ban

Fail2ban serve per limitare gli accessi indesiderati, bannando per x secondi un IP che ha superato un numero di accessi impostato.

Attenzione perché il ban riguarda solo la porta interessata.

Installare fail2ban è semplice :

# aptitude install fail2ban

Per maggiori info visitate la documentazione ufficiale, mentre per utilizzarlo come nel nostro caso interverremo operando alcune modifiche al file /etc/fail2ban/jail.conf.

#tempo di ban espresso in secondi es: 3600 = 1 ora
#un tempo corto ferma ugualmente i robot e facilità il vostro ingresso in tempi brevi in caso di errore 
bantime = 14400
#Numero di tentativi massimo , prima dell'azione di ban
maxretry = 3


[ssh]

enabled = true
port    = ssh
filter  = sshd
logpath  = /var/log/auth.log
maxretry = 3

L'opzione maxretry risulta doppia dato che è possibile diversificare l'uso a seconda dei servizi utilizzati: la prima opzione è generale, la seconda sottostante al servizio indicato personalizza la singola applicazione.
Per ciò che riguarda la riga:

port    = ssh

"ssh" va sostituito con la porta scelta in precedenza (vedi il paragrafo Porta). Nel caso si lasci "ssh", il ban avverrà sulla porta di default di SSH (porta 22).
Per cui, continuando a seguire la configurazione descritta in questa guida, la riga va modificata con:

port   = 2974

Per fare una prova e verificare subito se tutto funziona, generiamo alcuni accessi con user sbagliato sul nostro server SSH e con il comando sotto riportato saremo subito in grado di verificare la presenza di errori.

# fail2ban-regex /var/log/auth.log /etc/fail2ban/filter.d/sshd.conf

Se avete abilitato il servizio di avviso a mezzo mail, questa sotto è una parte del messaggio che vi arriverà:

Hi,

The IP 78.xx.xx.113 has just been banned by Fail2Ban after
3 attempts against ssh.

whois ..............
Lines containing IP:78.xx.xx.113 in /var/log/auth.log

Oct 17 19:10:38 kserver sshd[23844]: Invalid user admin from 78.xx.xx.113
Oct 17 19:11:26 kserver sshd[23851]: Invalid user admin from 78.xx.xx.113
Oct 17 19:11:28 kserver sshd[23853]: Invalid user admin from 78.xx.xx.113

Blockcontrol

L'uso di blockcontrol è spiegato nell'e-zine n°4, detto ciò mi limiterò ad alcune considerazioni.

L'unica eccezione che si aggiunge alla guida sull'e-zine riguarda l'apertura delle porte per la connessione all'interno del file di configurazione /etc/blockcontrol/blockcontrol.conf, dove inseriremo in TCP-in e TCP-out la porta impostata per SSH.

# Do a "blockcontrol restart" (sometimes even "reload" is enough) when you have
# edited this file.

WHITE_TCP_OUT="2974"
WHITE_TCP_IN="2974"

Grazie all'aggiunta di filtri, possiamo chiudere l'accesso a diversi range di IP. Per un server consiglio il filtro proxy per ovviare al cambio IP se uno viene bannato.

Poi considero validi anche i filtri nazioni in cui non andrò mai e dalle quali non aspetto connessioni, come Cina, Taiwan, Korea e Russia dalle quali è più probabile ricevere connessioni malevole.

Per maggiori informazioni sulle liste disponibili, visitare: http://www.iblocklist.com/lists.php

Configurazione Client

Per la connessione illustrerò in pochi passaggi ciò che serve per configurare il client in ambiente Win e Linux.

Resta da definire il tipo di chiave, infatti è possibile scegliere tra 2 tipi di criptazione: RSA o DSA.

Se si fa una ricerca sul web del tipo "RSA vs DSA" pioveranno un sacco di opinioni più o meno contrastanti ma soprattutto vecchie che riguardano spesso la velocità nel produrre la chiave, verificarla o firmare.

Algorithm Key Generation * 1(ms.) Sign * 100 (ms.) Verify*100(ms.)
RSA 512 544.61 915 160
RSA 1024 1120.46 4188 263
DSA 512 6.62 634 988
DSA 1024 17.87 1775 3397

LINK http://web.archive.org/web/http://neubia.com/archives/000191.html

DSA offre più o meno lo stesso grado di robustezza di RSA, ma ha contro il tempo: è un algoritmo giovane, molto più di RSA. RSA è stato crittanalizzato per anni e non si è mai trovato il modo di forzarlo. DSA, essendo sulla piazza da molto meno tempo, è stato quindi studiato molto meno, e questo mi autorizza a ritenerlo meno collaudato di RSA, motivo per cui scelgo di non usarlo.

Dal punto di vista delle prestazioni sono ancora una volta simili: si tratta sempre di operazioni di complessità elevatissima, ma è anche vero che con le macchine che abbiamo a disposizione oggi, considerazioni come queste, basate sulle prestazioni, lasciano un po' il tempo che trovano.

C'è inoltre da aggiungere che in passatto RSA era coperto da brevetti e per questo molti consigliavano DSA, ma questi sono scaduti il 21 Settembre del 2000. La lunghezza di una chiave RSA è modificabile e in modo predefinito è lunga il doppio di una DSA, che invece deve essere specificatamente di 1024 bit. Lo stesso ssh-keygen, se non diversamente specificato, crea di default una chiave RSA a 2048 bit. Dalla Debian Reference:
«L'uso di una chiave DSA per SSH-2 è deprecato perché la chiave è più piccola e più lenta. Non esistono più motivi per aggirare i brevetti RSA usando DSA, dato che essi sono scaduti.»

Linux

Prepariamo la nostra chiave, che sarà composta da una chiave pubblica e una privata:

$ ssh-keygen

Impostiamo una password robusta di almeno 6 caratteri alfanumerici se possibile.

Una volta creata la coppia di chiavi, dobbiamo andare a inserire la nostra chiave pubblica all'interno del file authorized_keys nella directory /home/<utente_SSH>/.ssh/ dell'utente predefinito per la connessione SSH sul server.

Bulb.png Suggerimento
Un trucco per evitare che la connessione termini per inutilizzo è inserire in /etc/ssh/ssh_config sulla macchina client
ServerAliveInterval 20

il tempo é espresso in secondi e ci permette di non far cadere la connessione


openssh-client

Fatto questo siamo pronti per provare la connessione, usando la shell dal nostro user per il quale abbiamo generato la coppia di chiavi .

$ ssh -p 2794 m3gac4mmell0@IP-server

Inseriamo, quando richiesta, la password usata per generare la chiave, e in pochi secondi ci troveremo all'interno del nostro server.

Midnight Commander

Midnight Commander può essere utile quando si devono trasferire dei file, infatti è possibile tenere aperto uno dei due pannelli su SSH e l'altro in locale sulla nostra macchina.

Per il collegamento spostiamoci nel pannello desiderato e scegliamo connessione Shell dal menu (F9).

MC Shell

Al prompt inseriamo: nome_user@indirizzo_server:porta

 m3gac4mm3llo@IP_server:2794

et voilà, dopo aver inserito la password saremo dentro.

Windows

Consiglio putty che ho provato e uso ancora in ufficio dove sono costretto all'uso di WinXP, forse perché in una vita precedente sono stato cattivo.

Prestiamo attenzione oltre alla generazione delle chiavi a come viene esportata la chiave in modo che sia compatibile con openssh.

Finché avete aperta la finestra del generatore di chiave vi sarà possibile copiarla, altrimenti se la salvate dovrete eliminare le prime 2 righe e inserire ssh-rsa per rsa oppure ssh-dss per dsa, lasciate uno spazio vuoto e inserite in un'unica riga il testo della chiave.

MmteamPutty001.JPG

Alla fine ci deve essere il simbolo =, la parte seguente è opzionale e potete ometterla senza problemi.

Salvate ora la chiave privata in un luogo sicuro.

Per la connessione indicate a putty dove risiede la vostra chiave privata .

Mmteamputty2.JPG

e nella schermata principale inserite i dati per la connessione.

MmteamPutty003.JPG

Al login dovrete inserire la password impostata nella chiave.

Conclusioni

Per ora mi ritengo soddisfatto anche se la sicurezza non è mai troppa.

Dalla configurazione eseguita, l'accesso deve essere fatto con il nome user corretto altrimenti fail2ban interviene bannando l'IP.

Se il nome nella connessione è esatto, occorre avere una chiave privata che coincida con una delle chiavi pubbliche inserite sul server altrimenti la sessione vine chiusa immediatamente.

Nel caso ci sia stato un furto di chiavi, al login è necessario inserire la password per la chiave utilizzata.


Link Utili

Note

ritenetevi liberi di correggere e/o modificare la seguente guida, che riporta solo alcuni appunti riguardo l'esperienza svolta .




Guida scritta da: Mm-barabba 00:55, 20 nov 2010 (CET) Swirl-auth20.png Debianized 20%
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